APPUNTI DI UN LETTORE PUNTUALE
di Guido Viola –
Ho letto il libro di Cristiana La Capria “A fuoco lento”, L’Autore Libri Firenze 2012.
Ecco le mie riflessioni.
E’ una storia che ci intriga fin dalle prime pagine, una storia coinvolgente e delicata con un finale per certi versi inaspettato.
Estremamente godibile per le approfondite e minuziose descrizioni di luoghi e circostanze, ci prospetta, fin dalle prime battute, storie di solitudine, di insoddisfazioni, di ricerche di certezze, di voglia di trovare punti sicuri di ancoraggio nella navigazione tempestosa della vita.
Prima fra tutte, emerge la solitudine disperata di Alessandro Mandich, il professore supplente di lettere, moderno naufrago alla ricerca del tempo perduto, superstite di una vita movimentata di cui sappiamo poco ma intuiamo molto. Chirurgo insoddisfatto che ha abbandonato la vita medica per disamore verso una professione che non gli era congeniale, abbrutito dal gioco, dall’alcool, dai cavalli, scacciato da casa da una moglie disperata che poi si scoprirà, forse, ancora legata a lui, profugo di ritorno nella sua Napoli, un uomo che sembra ritrovare sé stesso solo nella sua nuova attività di insegante che il padre aveva ostacolato per avviarlo alla professione di medico. Un uomo solitario che sembra ritrovare la sua dimensione e la sua serenità solo nel recuperare i propri libri che, secondo lui, la moglie, rientrata a Napoli da Parigi, gettava un po’ alla volta in un cassonetto dei rifiuti.
La solitudine di Arturo Forte, detto Nino, il padre di Giuliana, architetto preso dal suo lavoro, rimasto vedovo giovanissimo, con una figlia in età adolescenziale da crescere ed educare, preoccupato per i primi turbamenti sentimentali della figlia, ma anche distante da lei, poco attento alle esigenze di una ragazza di tredici anni e mezzo, forse geloso dell’influsso di Mandich sulla figlia, teso a coltivare le proprie ambizioni professionali che lo porteranno ad accettare un prestigioso incarico a Bruxelles, incurante, forse, dell’impatto esistenziale che il distacco da Napoli potrebbe avere sulla figlia, che subirà, comunque, obbediente, il cambiamento.
La solitudine di Franco, il figlio di Mandich, nel suo rapporto di amore-odio verso il padre da cui si sente rifiutato ed abbandonato forse perché non accettato per il suo cattivo rapporto con gli studi che ha abbandonato, solitudine che, in ultima analisi , lo porta a prendere le distanze anche da Giuliana che fa di tutto per riavvicinarlo al padre.
La solitudine di Layla, moglie incompresa di Mandich che da Parigi se ne torna a Napoli, ma senza essersi rifatta una vita, che continua a vivere da sola, forse nel ricordo del marito che pure un giorno aveva scacciato da casa, ma di cui ha voluto salvare i suoi libri, trasportandoli a Napoli.
La solitudine di Giuliana, la protagonista principale della storia, che ha pochi amici coetanei, che non ama le feste, le discoteche, i social network, che è cresciuta troppo frettolosamente e che si rifugia nel proprio idolo da cui si sente attratta, il prof Mandich, di oltre trent’anni più grande di lei, l’unico da cui si sente compresa e attratta.
In questo panorama di solitudini esistenziali, di incomunicabilità generazionali, vi è, però, un elemento unificante: il libro, inteso come sublimazione della vita, come unico punto fermo nella tempesta dell’esistenza.
Il recupero dei volumi dal cassonetto della carta del prof. Mandich è come il recupero di brandelli della sua vita lacerata, il rifiuto di Franco dei libri del padre e la loro sistematica distruzione rappresenta un atto estremo di ribellione, una reazione a quello che lui vive come abbandono e rifiuto del padre di occuparsi di lui, il libro sulla vita di Cicerone che Giuliana regala al prof. Mandich come segno della sua ammirazione, è uno dei momenti più significativi del loro rapporto che, forse Giuliana sente come inconscio impulso di amore.
La libreria, cioè il contenitore dei libri che Mandich aveva costruito e che regala alla classe, insieme con i libri recuperati, in ricordo del suo breve, ma intenso passaggio, è quasi come un prezioso lascito ereditario.
Il trasferimento dei libri da Parigi a Napoli, da parte della moglie ancora legata e rispettosa dei ricordi del marito, è anche esso, in ultima analisi, un profondo rispetto per il libro..
Ed ancora la sorpresa finale che Mandich escogita per riconquistare il figlio nel fargli trovare nella cantina della vicina di casa una libreria con parte dei libri recuperati nel cassonetto, un tentativo per riannodare un rapporto bruscamente interrotto a Parigi.
Il libro, la lettura come momento unificante di vite dolorose, come filo conduttore nel labirinto della vita, dove anche il libro di ricette di cucina di Franco assume una propria dignità.
Infine, il libro più significativo, “ A fuoco lento “, il libro incompleto scritto da Mandich, il regalo di addio o di arrivederci che il professore consegna a Giuliana, con la storia del ritrovato rapporto, per merito di Giuliana, con Franco, rapporto tutto da ricostruire, a fuoco lento, con pazienza, con spirito di comprensione, con rispetto reciproco, con affetto che non è mai morto, solo maltrattato, sopito, nascosto sotto la cenere, pronto a riaccendersi, a prendere vigore, ma, soprattutto il rapporto con Giuliana, una storia che deve cuocersi “a fuoco lento”, ma di cui non sappiamo la conclusione.
C’è poi una presenza silenziosa, nostalgica, metafisica che fa da sfondo alla storia: la città di Napoli, realtà incantata e difficile, dolce e crudele, ma a cui i personaggi sono legati e tendono a ritornare come ad una novella Itaca dopo percorsi burrascosi. Come non cogliere l’amore per Napoli da parte dell’Autrice?
Colpiscono le descrizioni delle strade, dei luoghi inventati nei nomi, ma facilmente riconoscibili a chi a Napoli c’è nato e vissuto, vero Cristiana? Come non riconoscere la discesa di Posillipo, Mergellina, il Parco Virgiliano, le stradine che dalla collina scendono a mare.
I dolci panorami, i profumi, le sensazioni che i personaggi della storia ci trasmettono, rivelano l’amore e la nostalgia dell’Autrice per la sua città, per la nostra città.
Guido Viola