ALLA RICERCA DEL REGALO PERDUTO

  • Sono settimane che penso e ripenso. Non voglio tenermi il risultato per me. Condivido con gioia.

 

L’altro è un macigno

La vedete? L’assenza di gravità. Le relazioni stanno evaporando, perdono peso. La solitudine ci sta divorando, ma la situazione non la viviamo come una deprivazione, essa si manifesta invece come una condizione di benessere che rincorriamo, il distacco sociale è sentito come una liberazione dal cappio del legame, troppo impegnativo, pesante, richiedente. Adesso per noi il traguardo da raggiungere diventa allontanarci il più possibile  dalla vischiosità dello scambio. L’altro è un macigno, porta via tempo e energie, meglio evitarlo, oppure frequentarlo, ogni tanto, da lontano.

 

A distanza di sicurezza

A questo servono i social, a tenere a distanza di sicurezza gli altri, a darci la necessaria illusione di essere connessi, quando invece siamo troppo imbruttiti dal marcio dell’isolamento. Non è sociopatia, la nostra, quella è una diagnosi clinica che non crediamo seriamente che possa diventare un rischio per noi, anzi. Noi siamo radicati nella convinzione che il mondo globale connetta chiunque in un istante, anzi crediamo di essere ipersocializzati, invasi da messaggi, annunci, suggerimenti di esperti e influencer che contaminano scelte e tendenze, siamo così assorbiti dal mondo che non sappiamo più cosa fare. Ma sarà vero?

 

La monofilia

Quello che vedo ogni giorno, sinceramente, parla di una chiara tendenza alla monofilia, all’amore per l’uno, l’unico, il solo che sia discosto dal resto, ai margini della comunità, e soddisfatto per questo. Siamo in ritirata, come l’onda dopo avere sbattuto contro gli scogli. La maggioranza di noi si muove ogni giorno dentro alla propria bolla che permette di stare in mezzo alla folla senza vederla, né toccarla. E quando non occupiamo lo spazio pubblico, protetti da uno scudo di indifferenza, ecco che ci rintaniamo presso il nostro indirizzo di casa, in ritiro volontario, siamo tutti ai domiciliari: Netflix ci porta i film da vedere sul divano, il cibo ce lo portano a casa i bikers di Deliveroo e per tutto il resto c’è Amazon. Lo sappiamo già, conosciamo gli effetti dell’acquisto on line: le edicole chiudono, le librerie pure, i cinema sono ammalati, i negozietti sono già all’obitorio.

Ma il Natale? Anche quello viene trasformato in e-commerce?

 

Il dono perduto

Non ci sto. Al netto dell’orientamento religioso di ciascuno e ciascuna di noi, la cultura cristiana celebra un evento. Possiamo chiamarci fuori, e allora nessuno regali niente a nessuno. Ma se partecipiamo, vuol dire che del Natale conosciamo il valore. Una figura storica come Gesù ha letteralmente regalato sé stessa nascendo e campando sulla faccia della Terra per amore. Da qui, in ricordo del dono, arriva il Natale come momento in cui dedichiamo un regalo ad altri. Ma cosa sta diventando questo momento? Siamo tutti alla ricerca del regalo perduto. Chi è in strada ci spinge, ci trascina via con sé e con tutti i pacchi e pacchetti che ha accumulato nelle sue borse strapiene; ho visto gente che gira per le strade di Milano con i trolley, ma non per partire, per riempirli di oggetti da mettere sotto l’albero. E chi è più indaffarato (la maggioranza assoluta), non si spinge neppure in strada, fa la scelta più smart e, con un banale clic, ordina da casa pacchetti e pacconi che colonizzano gli atri di palazzi e condomini.

Meglio che ci sia

Non mi piace questo Natale, è ancora peggio del precedente. E a voi? Ma quale è il senso di questa corsa forsennata? Cosa stiamo facendo? Me lo chiedevo proprio ieri entrando in un vagone della metro strabordante di gente armata di sacchi pieni di acquisti: inaspettatamente mi sono trovata di fronte una collega di scuola. Di solito la incrocio raramente nei corridoi, la conosco pochissimo. In un faccia a faccia durato solo alcuni minuti, le ho detto che sono scontenta della tendenza vuota e affannata della corsa al regalo. Lei mi ha risposto che ho ragione. Però ha aggiunto che il momento del regalo è un bel momento, che può essere interpretato come il simbolo di un archetipo collettivo, quello in cui si dedica un pezzettino del proprio tempo a fare un regalo a un’altra persona e questo momento di scambio è meglio che ci sia, anziché no. Ha ragione la collega. Che ho incontrato in metropolitana in uno di quei giorni prefestivi in cui i viaggiatori si scontrano tra loro perché manca lo spazio. Meglio che un momento dedicato allo scambio ci sia, è vero. Magari che non sia fatto per forza di oggetti brutti e inutili, ma di un caffè preso insieme al bar, di un giro in bicicletta, di una lunga lettera.

Dedica

A tutte e tutti voi rivolgo queste mie riflessioni natalizie, piene di buoni auguri. In particolare vorrei dedicarle a Daniela, Stefania e Valerio che viaggiano insieme a me alla ricerca del sapere da raccogliere su questo blog. Loro passeranno il Natale in luoghi diversi dal mio.

Non vi vedo da tanto tempo, mi mancate. La mia valigetta è sempre piena di cuori per voi.

 

Cristiana

Cristiana La Capria

Insegna appassionatamente lettere in una scuola secondaria di secondo grado. Si interessa di pedagogia delle differenze e studia il potenziale educativo di cinema e narrativa. Si occupa di formazione degli insegnanti. Scrive saggi e ultimamente testi di narrativa.

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Una risposta

  1. Franca Schmid ha detto:

    Grazie per queste lucide riflessioni, corrispondono alla realtà. Cerchiamo di condividerle il più possibile, restituendo al Natale quello che merita e ricordando le parole di Papa Francesco: “C’è in noi una bellezza indelebile, intangibile, insopprimibile che è il nucleo del nostro essere. Dio ce lo ricorda prendendo con amore la nostra umanità e facendola sua per sempre.” Regaliamoci un po’ di coraggio per ricordarci di quello che siamo…

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