ANDARE A SCUOLA E’ PECCATO MORTALE

Quattrocento ragazzine rapite. Quattrocento, un numero impressionante scritto sulle pagine dei giornali ad indicare la quantità di giovanissime studentesse che, il 16 aprile scorso, sono state letteralmente strappate dalle classi della scuola dove stavano facendo lezione, brutalmente caricate su di un camion e portate nei meandri cupi di un bosco da uomini armati. Perché? Così ha deciso il gruppo estremista islamico Boko Haram che da anni agisce disinibito in Nigeria e si fa portatore del volere di Allah che vieta severamente agli esseri umani di genere femminile di andare a scuola e studiare. Loro, le femmine, devono servire gli uomini e non crescere imparando nuove idee e scoprendo orizzonti di vita lontani dallo stato di oppressione vissuto. Le ragazzine hanno sbagliato ad andare a scuola, ora saranno punite, verranno vendute al mercato come spose; loro, piccole donne di nove e dodici anni saranno obbligate a fare le schiave degli uomini che le compreranno. Così ha deciso Allah. E per chi non avesse ben capito, il concetto è stato chiaramente esibito tramite un recente messaggio video in cui il capo del gruppo, il signor Abubakar Shekau, rivendica l’operato, assume per sé e il gruppo che rappresenta, la piena responsabilità del gesto.

Siamo al punto in cui una riflessione deve essere perlomeno suggerita:  in uno dei paesi  più popolati dell’Africa si arriva a punire tutte quelle bambine che osano praticare  la scuola per imparare, cioè quanto di più vitale per la formazione dell’identità, quanto nei paesi occidentali viene invece reso obbligatorio. Siamo al capovolgimento della realtà: studiare e amare il sapere è un desiderio sporco e dissacrante per le donne – secondo i musulmani estremisti. Chi allontana le peccatrici dal luogo del peccato – la scuola – lo fa con la forza delle armi, ed è un eroe. Qui in Occidente, invece, si punisce, o almeno si dovrebbe, chi a scuola non ci va, chi rinuncia al sacrosanto diritto di sapere e conquistare l’autonomia. Volendo tradurre a parole mie l’accaduto, potrei dire che il mio lavoro quotidiano di insegnare, per il gruppo di Boko Haram, non è valido per le alunne, loro sono esseri inferiori, disabilitate all’apprendimento, loro sono cose animate funzionali a soddisfare i bisogni dell’uomo. In effetti io stessa, come insegnante, secondo loro, sarei una nullità. Ecco allora che un discrimine tra maschi e femmine, come questo, così ferocemente affermato, potrebbe apparire addirittura ridicolo per la sua assenza totale di fondamento logico e morale. Ridicolo. Ma invece di ridere c’è da arrabbiarsi e reagire.

 

Cristiana La Capria

Cristiana La Capria

Insegna appassionatamente lettere in una scuola secondaria di secondo grado. Si interessa di pedagogia delle differenze e studia il potenziale educativo di cinema e narrativa. Si occupa di formazione degli insegnanti. Scrive saggi e ultimamente testi di narrativa.

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