Esiste solo il bianco o solo il nero, questa è la filosofia di Hercules Poirot nel nuovo adattamento cinematografico del celebre libro di Agatha Christie, Assassinio sull’Orient Express. La nuova versione è stata diretta dal noto regista irlandese Kenneth Branagh, che interpreta anche il detective protagonista; Branagh è conosciuto per molte opere che spaziano dai toni tragici shakespeariani a quelli ben più spensierati tipici dei film Disney e Marvel come Enrico V, Amleto, Cenerentola e Thor.
In Assassinio sull’Orient Express ci troviamo nei primi anni del secolo scorso a Gerusalemme ed Hercules Poirot è in città per un caso di furto. Dopo aver svelato l’identità del colpevole in modo plateale, l’investigatore desidera ritirarsi ad Istanbul, stanco della vita frenetica che trascorre da sempre, ma è richiamato a Londra per una nuova indagine. Grazie ad una vecchia conoscenza, il suo amico Bouc (Tom Bateman), Ufficiale di bordo del treno, ottiene un biglietto per l’Orient Express e si ritrova con un gruppo di passeggeri molto particolare. Tra aristocratici, intellettuali e gente apparentemente comune, fa la sua entrata Samuel Ratchett (Johnny Depp), noto uomo di affari dai modi carismatici che nascondono una personalità losca. Ratchett è preoccupato per la sua incolumità e chiede a Poirot di indagare su delle lettere minatorie anonime ricevute il giorno prima; Poirot rifiuta, perché ritiene che Ratchett non sia un uomo meritevole di protezione. Il sinistro personaggio muore la notte stessa in circostanze misteriose e, in contemporanea, l’Orient Express deraglia a causa di una valanga e tutti i passeggeri sono costretti ad aspettare i soccorsi, consapevoli della presenza di un assassino tra di loro. Poirot, dopo le richieste insistenti di Bouc, accetta di indagare: ognuno di loro è un sospettato. La trama che Kenneth Branagh segue ovviamente è quella ideata da Agatha Christie e, poiché è stato portato sul grande schermo già altre volte in precedenza, ci si potrebbe aspettare un film dimenticabile, ma il cast stellare lo rende unico a suo modo; tra i protagonisti troviamo Judi Dench, Penélope Cruz, William Dafoe, Michelle Pfeiffer e molti altri. Degna di nota in particolare è l’attrice Daisy Ridley, che ha raggiunto recentemente il successo mondiale grazie al ruolo di protagonista nella nuova saga di Star Wars. La Ridley mostra grande bravura e dimestichezza nel creare l’interessante chimica tra il suo personaggio, Mary Debenham e Poirot. Kenneth Branagh, essendo non solo regista ma anche protagonista, porta un grande peso sulle spalle, ma riesce a dare al celebre detective una personalità affabile per lo spettatore, geniale e attenta ad ogni dettaglio ed errore. Unica pecca, se così si può dire, è l’atteggiamento troppo riconducibile al “collega” Sherlock Holmes, nonostante vi siano i caratteri tipici del Poirot originale, come l’ossessione per l’ordine. La bellezza di Assassinio sull’Orient Express però non si ferma alla recitazione. La fotografia è impressionante, i colori del paesaggio innevato trasmettono la sensazione di gelo al pubblico e vi sono più situazioni di contrasto: il bianco invernale contro i toni violacei e vermigli del cielo e soprattutto, di nuovo, il bianco dell’ambientazione esterna opposto ai colori caldi del treno, come ad esprimere il senso di falsa sicurezza che l’Orient Express offre, poiché potrebbe sembrare un luogo protetto, ma in realtà ospita un criminale. La scenografia in generale riesce, anche se non con la potenza sperata, a descrivere il senso di claustrofobia che provano i personaggi. Loro sono fermi in un luogo deserto e non possono fare altro che aspettare i soccorsi. Durante gli interrogatori Poirot esce all’aperto in mezzo alle montagne e, nonostante la vastità intorno a lui, l’immagine e l’atmosfera suggeriscono ancora una forma di prigionia. La colonna sonora gioca una parte importante nel film e i momenti in cui Poirot ricorda la sua amata scomparsa, Katherine, sono accompagnati da una musica molto dolce e malinconica. La colonna sonora, bisogna precisare, non è per nulla invasiva e non rischia di sovrastare la narrazione, a differenza di altri film in cui gli effetti sonori sono troppo enfatizzati. Non mancano elementi umoristici, anche se sono più numerosi quelli drammatici e di suspense; il finale, ovvero la risoluzione del caso, è sorprendente e fondamentale, tanto da far cambiare a Poirot la percezione del mondo. Con una struttura circolare che riconduce quindi all’inizio degli avvenimenti, Poirot ammette l’esistenza del cosiddetto “grigio”, per cui non tutto deve essere completamente giusto o completamente sbagliato. Nel complesso, il film convince, pur non essendo il genere su cui scommettere alla cerimonia degli Oscar; è piacevole immergersi in un’atmosfera simile e credere di essere per un paio d’ore investigatori provetti – anche se alla fine Poirot ci risveglia da questi sogni e dimostra che le teorie che abbiamo sviluppato per tutto il film sono completamente errate.
Alessia Del Prete, studentessa del terzo anno del liceo classico Aristofane di Roma.
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