– di Felix Van Groeningen, Usa 2019, durata 2h 1 m
– Bella anche se fa male –
A chi?
Ai genitori e ai figli (specie dai 14 in su) a cui è consigliata una visione condivisa per riuscire a imparare da un’esperienza che parla più di mille discorsi.
Perché?
Per non rimanere strozzati nella morsa perversa della tossicodipendenza, per provare il sudore e il tremore che gli stupefacenti fanno scattare nel cervello di chi li usa e per sentire i segni che la discesa nell’abisso lascia sulla pelle delle relazioni famigliari.
Il film
Questa è la trasposizione di una vicenda realmente accaduta a Nic Sheff, alla sua famiglia. Lo sguardo privilegiato è quello del padre che si domanda come possa accadere che il proprio figlio di diciotto anni, un surfista, un artista della parola, un beautiful boy, possa essere crollato senza freni nelle trame oscene della droga. Perché? Assistiamo a continui ritorni al passato, a quel legame tra papà e figlio fatto di abbracci e promesse di fedeltà; le incessanti sovrapposizioni delle inquadrature del bimbo curioso e sorridente e del ragazzo devitalizzato e asfissiato dalla voglia di sballarsi producono rifrazioni che non danno tregua agli occhi. Perché il ragazzo si fa? La prima risposta è semplice: la droga è bella, anche se fa male. Poi fa solo male, ma è troppo tardi. La seconda risposta, più complessa, è che la droga ti illude di fare stare zitta la voragine di nulla che ti succhia l’anima ma poi ti trascina in basso con sé. Nic si alza, ricade, si alza, ricade. Lo strazio travolge il padre, la madre. Ma il dramma è che nessuno può rimediare se lui non vuole farlo. Caro genitore, tuo figlio non è tuo, tu non sei lui, non lo controlli. Quindi come si fa?
I temi
Le maglie della droga sono capaci di fare inciampare chiunque, specie chi ha dai 14 ai 25 anni. Non discrimina per sesso, né religione, né livello sociale. Nessuno e nessuna è al sicuro. Le sostanze stupefacenti restano ancora seducenti demoni, celebrati sull’altare del desiderio di chi spera che il vuoto dentro si riempia con un’iniezione di roba. Del poi si dice poco, o niente. L’overdose è la prima causa di morte tra i giovani negli Stati Uniti. Noi in Italia non ce la passiamo meglio. Il legame con i genitori aiuta, sì, ma non secondo il meccanismo di causa – effetto. Queste sono complicazioni da affrontare con fatica, competenza, pazienza, senza avere nessuna certezza di successo, nessuna.
Lo stile
Il montaggio alternato sovrappone scene del passato di Nic a quelle del presente, luoghi e situazioni sono confusi e distinti per esibire la frantumazione dell’esperienza dopo l’inizio della tossicodipendenza. I ritmi della colonna sonora, incandescente e greve, intonano il cortocircuito del dolore, la droga nel corpo che si accende, si spegne, si accende. Timothée Chalamet fa il protagonista, ed è magnifico; con la sua esile figura asseconda le spinte turbolente di quel buco nero che lo trascina nel vortice, la sua pelle diafana ingoia le tracce dei veleni che assume e li esprime con precisione, fino all’ultimo dettaglio. Il risultato è una straordinaria narrazione che lascia un sapore forte, degno di essere assorbito fino all’ultima particella.
Cristiana La Capria