CORALINE E LA PORTA MAGICA
di Henry Selick, Usa 2009, durata 100 minuti, in DVD
A CHI? bambini e bambine dai 9 anni ai 14 anni e agli adulti
PERCHE’? per approfondire l’immaginario che le nuove generazioni hanno dei genitori. Per comprendere come lavora la fantasia delle figlie e dei figli nelle relazioni con le figure adulte.
IL FILM è catalogato come un cartone animato ma non è destinato ai bambini. Non a tutti, almeno. E’ anche rivolto agli adulti. Ad alcuni. Quelli che amano la pedagogia. Perché questo cartone va maneggiato con cura, altrimenti si rischiano non pochi effetti collaterali. Diciamo che il format è quello tipico dell’antifiaba: la protagonista non è bella, non è ingenua, non è bionda e l’antagonista non è un orco, non è un lupo e neppure la classica matrigna. La protagonista è Coraline, una bambina arguta, dai capelli blu, i tratti del viso irregolari, il corpo filiforme, gli antagonisti sono i suoi stessi genitori che, troppo presi dal lavoro, non hanno tempo da dedicarle per vincere la noia e le tristezza della solitudine. Dentro a uno scenario dai colori opachi come la nebbia, il fango e la pioggia che occupano il circostante dell’azione, Coraline si imbatte in un nuovo amichetto che le regala una bambola uguale alla sua fisionomia, con bottoni al posto degli occhi. A questo punto, per mezzo di una porticina magica, si apre un mondo parallelo e identico al primo, ma più seducente: la casa ha arredi assai confortevoli e colorati, i genitori – chiamati “altra” madre e “altro” padre – sono il doppio felice e affettuoso di quelli reali. Ma anche i sogni hanno un risvolto inquietante che non ci viene affatto risparmiato. Se intende rimanere per sempre nella casa accogliente con i genitori amorevoli, Coraline deve imitarli e cucire dei bottoni al posto degli occhi, per condividere con loro la stessa visuale sul mondo. Ecco allora che inizia per la bambina una lotta furibonda per ritornare al posto e agli affetti di origine, ovvero per scardinare l’incubo e ritornare al reale del quotidiano. E la guerra più feroce sarà combattuta contro l’”altra” madre …
Questo film ci conduce nel paesaggio dell’immaginario dei bambini e delle bambine di oggi, di solito figli/e di genitori che, lavorando incessantemente, hanno poco tempo da dedicare loro. La prole si arrabbia, si vendica, reagisce costruendo un mondo alternativo, desiderato fino a sentire di starci dentro.
Coraline rappresenta questa generazione di giovanissimi, a volte tristi e spesso annoiati. E’ lei, una bambina, che deve affrontare le affilate proiezioni dell’inconscio, teatro spietato dei fantasmi buoni e cattivi dei genitori. Basta con il buonismo e basta con le semplificazioni: i genitori non si scelgono, può ben capitare che non ci piacciano affatto, perciò ci diamo da fare per fingere di averli davvero questi genitori perfetti, li costruiamo proprio come li avremmo voluti noi, i nostri “altri genitori”. Ma va a finire che anche i fantasmi dei genitori buoni non sono mai così buoni, anche loro chiedono una quota di frustrazione, ci vogliono mettere gli occhi di bottone. Non c’è il bene da un lato, il male dall’altro lato. Cifre di positivo e negativo stanno dentro a ogni cosa e il film lo ricorda senza falsi buonismi. Se il rapporto con i genitori non funziona e l’insoddisfazione non viene capìta, i figli mettono in moto i sotterfugi della mente che proietta sul palcoscenico due nuovi attori, migliori – forse – dei primi: gli “altri” genitori, appunto. Ma dei due, e questo è il colpo finale, la matrice malvagia è la madre. L’altra madre è colei che mangia i bambini dopo averli sedotti con il fascino del comportamento caloroso e ossequioso, è lei che orchestra trappole per rimangiarsi i figli che ha creato. E allora questo cosa vuol dire? Che Coraline è in lotta contro la madre. Ancora una volta è inscenato il conflitto madre-figlia che si concluderà senza una soluzione appagante, perché la mamma buona non esiste neppure nel nuovo immaginario delle giovani figlie.
Da vedere per sapere di più sulle attuali generazioni tele-consumatrici, sul loro mondo interno, anche se in forma disturbante.
( pubblicato con modifiche in Pedagogika.it, anno XIV, n. 4, pp. 114-115)
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