CUORI PURI

– di Roberto De Paolis, Italia 2017, durata 114 minuti-

Off limits

A CHI? Ai giovani coraggiosi e agli adulti che sanno comprendere il coraggio dei giovani.

PERCHE’? Per vivere nella pelle di chi non ha paura di fare i conti con le spesse barriere delle regole ingiuste.

IL FILM: La prima sequenza  ci fa naufragare nel primissimo piano degli occhi di una ragazza che scappa di corsa e di un ragazzo che la insegue: lei ha rubato uno smartphone in un supermercato  e lui la vuole punire. Ha inizio così una storia incastrata perfettamente in un gioco complesso di confini che segnano il dentro e il fuori delle regole, della strada, del corpo, dell’amore, della fede. Profondamente innestata nella vita di una giovane perseguitata dalla madre che le impone di onorare l’insegnamento cattolico della purezza,  la macchina da presa mostra con la lente d’ingrandimento le invasioni insostenibili di una madre che intrude nell’intimità della propria figlia che non può legare con nessun maschio fino a quando non sarà Gesù a deciderlo, ossia al momento del matrimonio. Ma i confini imposti saltano. L’incontro con un giovane socialmente sgangherato e fisicamente solido scatena l’inevitabile rottura di un altro confine, che è non solo genitale ma anche sentimentale, e pure spirituale. Lei cede al corpo di lui. Il primo bacio, lo scambio di fiato, di sguardi, di pelle, di sudore durante il primo amplesso è poeticamente conturbante e dice quanto con le parole non viene bene a dirsi. Le barricate religiose e culturali imposte barcollano: la ragazza ha peccato, ha fatto un peccato carnale e questo sarà un tormento lacerante che separa, divide, strappa in due l’anima di lei. Il ragazzo, invece, vittima di genitori affettivamente deprivati, lavativi, dispersi nell’inettitudine esistenziale, si preoccupa di loro, sta con loro, lotta con loro per un posto dove riuscire a campare. Per guadagnare soldi puliti strappa sé stesso dalla vita di strada, prova così a lavorare in un supermercato, ma lo licenziano, allora si trova a lavorare come cane da guardia del parcheggio del supermercato, spazio desolato al confine con un’altra barricata fatta di rete metallica, dove dietro c’è un campo di rom. I deboli azzannano i deboli, le soglie vengono offese, lesionate, assaltate dentro al perimetro di una periferia metropolitana anonima, metallica, assordata dal cemento e infiacchita dal ripetersi di giorni senza spessore, senza piacere, senza incontri. Però un buon incontro risplende nel piattume del quotidiano dei due giovani che rischiano, che osano toccarsi e sfondare il limite che li separa, trucidando con dolore la durezza delle regole, degli stereotipi, provando a rompere la scorza dell’abitudine, a nascere con una nuova pelle. Il primissimo piano dell’ultima sequenza sprofonda nella faccia assorta di lui  e poi nella faccia avida di lei che gli corre dietro a chiudere un cerchio che resta comunque aperto. Un film che ingloba lo sguardo e lo fa palpitare, gettandolo nel bel mezzo di confini culturali violentati, di confini famigliari usurpati, di confini religiosi esasperati. Confini di carne, confini dell’anima, confini da rispettare, da evitare, da onorare. Da vedere per imparare quanto è vitale sapere camminare in equilibrio lungo il bordo complesso delle cose. E così sia.

Cristiana La Capria

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Cristiana La Capria

Insegna appassionatamente lettere in una scuola secondaria di secondo grado. Si interessa di pedagogia delle differenze e studia il potenziale educativo di cinema e narrativa. Si occupa di formazione degli insegnanti. Scrive saggi e ultimamente testi di narrativa.

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Una risposta

  1. Sabrina Angela Ferri ha detto:

    Bellissimo commento. Condivido quanto scrive l’autrice. Aggiungerei un’ulteriore riflessione. Due scene secondo me sono particolarmente significative: una è quella in cui i ragazzi della parrocchia tolgono l’immagine del Cristo per preparare l’alloggio ai migranti di altre fedi – a significare che la pratica religiosa vissuta nel quotidiano e al servizio degli altri perde quella rigidità di cui spesso la Chiesa è accusata. L’altra è la scena dell’amplesso, dove è evidente il mescolarsi di desiderio, piacere ma anche paura e senso del peccato, frutti questi ultimi di una religiosità rigida e disumana, che non accoglie ma allontana l’uomo e la donna da sé stesso/a. Ecco, secondo me questo film è (anche) una profonda riflessione sulla fede e sulla religiosità.

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