I GATTI PERSIANI

di Ghobadi Bahman, Iran 2009 durata 106 minuti, in DVD – 

 

A CHI?  agli studenti e alle studentesse dai 14 anni in su

PERCHE? per imparare che esistono al mondo dei paesi come l’Iran dove ai giovani  è proibito fare musica e anche ascoltarla. Impedire a chi è giovane di suonare vuol dire togliere la libertà di esprimersi, come dire di respirare. E per affermare i propri sogni molti adolescenti iraniani sono disposti a morire. E in Occidente l’adolescente combatte per i suoi sogni?

IL FILM questa volta propongo un film con la collaborazione di alcuni miei alunni ed alunne del secondo anno di un Istituto Professionale. E’ un film speciale, secondo noi. Innanzitutto perché racconta della lotta di alcuni giovani artisti per creare e diffondere musica in uno Stato – l’Iran – che la proibisce severamente. In secondo luogo perché, per il motivo di cui sopra, il film è stato girato del tutto clandestinamente a Teheran dove, a causa del regime teocratico islamico, è assolutamente vietato produrre e riprodurre musica , specialmente quella occidentale perché genera emozioni forti, non controllabili. Quindi è impura. E’ una storia di ribellione, di desideri, di libertà.

La parola, allora, ai giovani spettatori.

Stefano Moretti presenta i tratti salienti della vicenda:”Due ragazzi come noi, lui Ashkan lei Negar, si danno da fare per mettere in piedi un band rock che possa espatriare da Teheran, dove è vietata la musica, per esibirsi liberamente in Europa. Servono altri musicisti per formare il gruppo e servono i passaporti per la fuga. Alla fine il loro sogno sarà infranto per colpa delle leggi orrende del posto in cui sono nati, l’Iran.”

Quali aspetti del film hanno maggiormente colpito gli studenti?

La maggioranza afferma di essere rimasta stupefatta dal vedere dei giovani obbligati a nascondersi per potere suonare, come fossero spacciatori, mercanti abusivi, ladri.

Sara Oul del Goussia scrive: “La scena che mi ha colpito riprende i musicisti nascosti in un appartamento per evitare che gli strumenti musicali siano scoperti dal vicino del piano di sotto, che poi è un bambino. Anche un bambino può fare la spia, è già convinto che sia bene reprimere le cose belle, ci rendiamo conto?”

Tiziana Franzè afferma che la scena più difficile da reggere è : “Quella che mostra la band che fa le prove musicali in una stalla, l’unico posto possibile. Che poi non è molto igienico passare una giornata intera lì dentro dove anche le mucche erano impazzite per il forte rumore causato dagli strumenti musicali.”

Secondo Martina Calddararo la sequenza più potente è stata quella finale: “Mi ha paralizzata vedere che durante il concerto, per sfuggire alla polizia, Ashkan si lancia dalla finestra e Negar, per il dolore, si lancia dal tetto con le cuffie della musica nelle orecchie. Qui vedo una differenza tra il nostro modo di vivere i sogni e quello dei giovani di quei paesi: questi sono addirittura capaci di ammazzarsi se fallisce il loro sogno, per noi sarebbe assai lontana la possibilità di suicidarsi per un sogno mancato. Anche perché in Italia ci si può esprimere, cambia il senso di libertà.”

Ancora Sara Ranaudo dice: “Mi ha colpita avere visto che i due protagonisti in automobile, per sentire la musica ad alto volume, si lanciano in autostrada, assurdo! Ho anche notato che il volto della polizia, in tutte le scene, non è mai ripreso, come se fosse indegna di essere raffigurata o come se fosse troppo inumana.”

Il film funziona con inquadrature fisse in campo medio, per lo più. Il che rende faticosa la visione del lento scorrimento delle immagini a quegli spettatori di nuova generazione abituati a nutrirsi di micro sequenze rapidissime e spezzate.

Funziona bene il montaggio alternato che inquadra la band all’opera e poi inquadra il profilo della città che prende forma: come a dire che solo quando i giovani suonano la città con le sue strade, i suoi palazzi, i suoi chador, può pulsare.

Non si vedono adulti in questo film. Solo giovani che con le sole proprie forze corrono verso la libertà di esprimere e creare. E si chiamano “Gatti Persiani” come i gatti pregiati che in Iran sono tenuti gelosamente in casa perché a nessun animale domestico è permesso di uscire all’aria aperta. E a nessun musicista controcorrente.

Da vedere per arrabbiarsi e ribellarsi a chi tenta di imprigionare i sogni e la libertà di creare dei giovani.

 

*pubblicato in Pedagogika.it, anno XV, n. 3, pp. 116-117

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Cristiana La Capria

Insegna appassionatamente lettere in una scuola secondaria di secondo grado. Si interessa di pedagogia delle differenze e studia il potenziale educativo di cinema e narrativa. Si occupa di formazione degli insegnanti. Scrive saggi e ultimamente testi di narrativa.

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