Ripetiamolo bene: le tecnologie dell’informazione e della comunicazione stanno avanti rispetto alla scuola. Nuove forme di percezione, di conoscenza e di relazione sono ormai parte dell’esperienza quotidiana degli studenti e delle studentesse. La condivisione di musica, di informazioni, di emozioni, di pensieri nello spazio del web è un processo che non è reversibile; sempre più articolate saranno le dimensioni del mondo elettronico che incide potentemente sulla realtà materiale che abitiamo. Lo sanno le giovani generazioni, lo sanno gli studiosi e le studiose del settore. Non lo sanno i docenti, almeno non come bisognerebbe. Già si parla di web 3.0 che coinvolge sia il sistema Cloud che immagazzina nella rete tutti i nostri dati, sia i Big Data sia il sistema dei Google Glass di cui abbiamo già ragionato su questo blog. Il web 3.0, in sostanza, accelera il processo di esternalizzazione dei nostri processi mentali come la memoria e la percezione in spazi digitali: non devo più ricordare ciò che la rete ricorda per me, non devo più spostarmi fisicamente per osservare due posti contemporaneamente.
E adesso sappiate che è stato già preannunciato il web 4.0.
Di che si tratta? Ce lo spiega Derrick de Kerckhove, geniale studioso di tecnologie della comunicazione e dell’informazione che, in una interessante intervista rilasciata in agosto al Correre del Mezzogiorno, ha prodotto quest’affermazione “Posso già predire che internet 4.0 sarà connesso direttamente alla mente. Basterà pensare le cose che si cercano per vederle apparire sul monitor”. Questo significa, attenzione, che non solo internet mette in scena i nostri pensieri, la nostra memoria, la nostra capacità percettiva ma leggerà il nostro pensiero traducendolo in azioni. Questo significa per chi insegna lettere che le parole forse saranno desuete, ossia inutili, ossia superflue. Se dalla mente i pensieri passano direttamente sul web senza passare per il linguaggio, vecchio furbo mediatore del nostro mondo interiore, a cosa servirà imparare la lingua? Pensiamoci e senza scherzare: se l’internauta trasmette direttamente al pc i propri pensieri senza parlarli, chi insegna a leggere e a scrivere forse dovrà cercarsi un altro mestiere. Dico che la messa in ordine di parole capaci di esprimere un pensiero non avrà più senso, non sarà più necessaria. E cosa andremo a insegnare noi docenti di materie letterarie? Davvero dovremo fare le valigie e cambiare aria.
Poi però mi viene da dire che possiamo consolarci così: nelle scuole dove si litiga per occupare un laboratorio informatico che funzioni o per avere un’aula Lim adeguata il tempo per internet 4.0 non arriverà tanto presto e per un po’ la nostra professione sarà salva. Ma non per sempre.
Cristiana La Capria