INTERVISTA A CRISTIANA LA CAPRIA: LA LINEA SOTTILE TRA SCUOLA E FAMIGLIA
-Pedagogika* interroga Cristiana La Capria sulla crisi del rapporto tra scuola e famiglia-
Oggigiorno c’è la sensazione che il rapporto tra scuola e famiglia sia in crisi, che la fiducia che le famiglie avevano nella scuola si sia in qualche modo incrinata.Basandosi sulla sua esperienza professionale qual è il suo pensiero in merito?
La parola crisi è una parola interessante e molto complessa che implica una tensione, una messa in discussione di aree di fragilità, la ricerca di nuove vie, di altri potenziali da liberare. Io non userei la parola crisi per indicare il rapporto tra scuola e famiglia, che sono due istituzioni pericolanti. In quanto tali non sono in grado di costruire una relazione, al massimo possono avvalersi del contatto reciproco per appoggiarsi una sulle spalle dell’altra o per additarsi reciprocamente come la responsabile della brutta fine che stanno facendo. Detto questo, nella mia esperienza professionale, io sono spinta dal desiderio di vivere la relazione con i genitori, lavoro per renderli partecipi della vita scolastica dei figli e delle figlie, mi dispongo a ascoltare le parole di sofferenza, di impaccio, di fatica; così realizzo, tristemente, che lo spazio della comunicazione domestica, nell’era del digitale, è uno spazio stropicciato e rattrappito, peggio di una camicia uscita dalla lavatrice dopo la centrifuga. Quindi realizzo che io faccio un lavoro di supporto alle famiglie, me ne prendo cura, ricordo che non siamo in guerra, che siamo compagni di viaggio. Per questo ricevo gratitudine e fiducia. Alcune famiglie si danno da fare, partecipano a iniziative culturali, sostengono materialmente e intellettualmente il lavoro educativo e di istruzione, influenzano le decisioni nel Consiglio di Istituto. Spesso, però, i genitori vanno dalla Dirigente a lamentarsi, a gridare, a criticare. Intanto, noi che lavoriamo nei luoghi scolastici ci sentiamo attraversate da crepe ovunque, fuori e dentro le mura, schiacciate come siamo dal peso del disinteresse politico e dal carico di perverse incombenze burocratiche.
All’inizio dell’anno scolastico le scuole distribuiscono alle famiglie un patto di corresponsabilità da condividere. Anche nelle vostre scuole viene distribuito? Chi ha scritto il patto di corresponsabilità della vostra scuola? É condiviso da tutti: presidi e insegnanti? Quali sono gli elementi importanti che il patto sottolinea?
Il patto di corresponsabilità è un documento serio, scritto con la collaborazione di docenti, dirigenti e genitori. Si tratta di uno spazio di incontro e di confronto tra le differenti prospettive di chi la scuola la vive e la fa ogni giorno. Vengono messi in luce il senso del rispetto verso l’altro, verso i luoghi, verso le cose e anche il senso dell’educazione e dell’istruzione che diventano il traguardo comune del docente come dell’alunno/a e del genitore. Sarebbe bello che questo documento diventasse l’occasione per inaugurare l’anno scolastico con un incontro tra le parti, o tra alcuni esponenti di tutte e tre le parti, per confrontare le aspettative, i desideri, le emozioni, i pensieri sul percorso che si andrà ad avviare e sarebbe bello che questo stesso incontro si facesse a fine anno per verificare i punti di debolezza e i punti di forza che sono emersi durante l’esperienza. Sarebbe in questo modo una carta di identità viva del rapporto contratto tre le parti in gioco impegnate ogni giorno, a vario titolo, nel percorso educativo. Dico sarebbe bello perché ciò che descrivo non l’ho mai sperimentato, mai, in nessuna delle scuole dove ho lavorato. Il documento viene solitamente letto in classe, commentato dal docente coordinatore e da alcuni/e alunni/e. Poi viene consegnato a casa per la firma da parte dei genitori. Stop.
Nella vostra quotidianità, ritenete che i genitori si sentano coinvolti nell’esperienza scolastica dei propri figli e di quella del gruppo classe che frequentano? É un coinvolgimento costruttivo oppure no? In che senso?
La presenza dei genitori nella vita scolastica va misurata in proporzione al grado di scuola considerato: la mamma di una alunna delle elementari è richiesta di partecipare in forma più assidua rispetto alla mamma di una alunna di terza superiore. Nella mia esperienza professionale ho avuto la fortuna di incontrare genitori capaci di cooperare e desiderosi di farlo e genitori in seria difficoltà esistenziale che non erano in grado di seguire con costanza i figli/e, per cui si sono lasciati guidare e sostenere dai docenti. Ma ci sono anche genitori presenti in prima persona nella gestione di serate di beneficenza, di concorsi letterari, di iniziative sportive, ludiche, di sensibilizzazione a problematiche sociali o civiche; questi sono i genitori presenti nella vita dei propri figli/e e, per estensione, presenti anche in qualità di gruppi o di associazioni coinvolte nella gestione di attività educative e ricreative che riescono a allungare la vita della scuola oltre le mura dell’edificio. Ma sono in pochi. Personalmente la maggioranza di coloro che ho conosciuto sono stati dei genitori pacatamente presenti nella vita della scuola oppure dei genitori pacatamente assenti.
Secondo lei i genitori hanno ancora fiducia negli insegnanti? E questi ultimi quanto sono “aperti” nei confronti dei diversi modelli educativi che ogni famiglia propone?
La fiducia è una esperienza cognitiva ed emotiva di elevato spessore. Hanno ragione gli psicologi a dire che chi non ha fiducia in sé stesso/a non può avere fiducia nell’altro. Se i genitori vivono con disagio il proprio ruolo, vivranno come minaccia ogni singola parola usata dal docente per mettere in luce le difficoltà manifestate dalla figlia durante lo studio di storia; ogni parola sarà avvertita come una critica, una offesa, una spinta verso il basso rivolta alla loro persona, ancora prima che alla figlia. I genitori, spesso identificati in modo adesivo con la figliolanza, esultano per un bel voto e si disperano per un cattivo voto in matematica perché in realtà quel voto è come se l’avessero preso loro. Io li chiamo i genitori-sostituto, quelli che fanno i compiti per il figlio, che esultano al suo posto, che gli suggeriscono cosa dire in classe, quelli che controllano il registro elettronico due volte al giorno e si lamentano che il 6 non sia un 7. Poi ci sono i genitori-assenti che non hanno nemmeno ritirato la password per accedere al registro elettronico, quelli che non rispondono alle telefonate, non ritirano le pagelle e nella mia esperienza ho avuto modo di non conoscere molti di loro, molti genitori sono letteralmente invisibili. Non conosco docenti che non siano “aperti” alle forme alternative alla famiglia tradizionale; la scuola è la prima cartina di tornasole delle trasformazioni sociali in atto, quindi la famiglia adottiva, il single affidatario e altre tipologie di legame sono accolti e bene assorbiti dalla scuola. Quello che non digeriamo sono le relazioni malsane, quelle che portano violenza, incuria, trascuratezza, devianza nel mondo dei minori; queste relazioni si annidano in famiglie che sono spesso camuffate, si sforzano di simulare un equilibrio che invece non c’è e questo scompenso in classe i figli e le figlie prima o poi lo fanno saltare fuori. Ecco queste sono le famiglie con cui bisognerebbe costruire speciali patti di corresponsabilità a partire da un lavoro che crei prima un clima di fiducia. Non è facile.
Quale ruolo ha o dovrebbe avere come insegnante nella creazione e nel mantenimento di un legame di fiducia e di condivisione tra scuola e famiglia?
Sono proprio i genitori che fuggono, che si nascondono a essere non capaci di avere fiducia nelle istituzioni, tanto meno in quella scolastica. Quindi che fare? Senza dubbio è necessario avvicinarli in tutti i modi possibili e comunicare a chiare lettere e con toni calorosi che noi docenti siamo dalla parte loro, dei genitori. Che capiamo la loro sofferenza, che ci rendiamo conto che il lavoro è tanto, che il tempo è poco ma che bisogna trovare insieme una via per garantire ai figlio/a un futuro positivo. i genitori hanno paura di essere rimproverati dai docenti, questo li fa sentire inadeguati e tale sentimento è il peggiore su cui provare ad appoggiare la fiducia. In base alle esigenze che osservo, io di solito nella mia esperienza professionale stabilisco insieme al genitore un piano di cooperazione, molto dettagliato e tagliato sulle caratteristiche dell’alunno/a e, in tempi brevi, ne verifichiamo la validità. Se non funziona troviamo un’altra via, se invece funziona, allora: è fatta. La fiducia si accende. Quindi io direi che per un clima disteso e sereno è necessario conoscersi, incontrarsi con una certa cadenza e darsi piccoli obiettivi che possano essere concretamente testati. Questa è una occasione per entrare in relazione. Poi ci sono i genitori – pochi purtroppo – attivi, entusiasti, creativi, che sono stati cooperanti e addirittura motivanti nella mia esperienza di docente. A loro vanno tutti i miei ringraziamenti perché hanno fatto la differenza. Senza alleanza tra adulti, i minori non vivranno in modo costruttivo e gioioso né il ruolo di figli/e né quello di alunni/e. Il problema è che a volte mi sembra di riconoscere, nello sguardo degli adulti, un minorenne spaesato …
* Pedagogika è una rivista di educazione, formazione e cultura. Il presente articolo è pubblicato in Pedagogika XXI_3 Scuola e famiglia: un’alleanza possibile?