di Garth Davis, Regno Unito 2016, durata 1 h e 59 minuti.
A CHI? Agli adolescenti annoiati, agli adulti pessimisti
PERCHE’? Per fare un viaggio nella terra degli estremi e farsi investire da quelle passioni forti che ammantano le vite ingiuste
IL FILM Lo vedete? Lui corre, senza sosta, corre senza perdere il fiato, corre senza perdere la strada. Corre, corre con quel corpo minuto, la pelle resistente al sole, i vestiti macchiati di polvere, i capelli di marrone spesso come il colore dello sguardo che, anzi, è ancora più marrone. A cinque anni lui corre. Per aiutare la madre a trasportare i massi sotto il sole, per aiutare il fratello a rubare le pietre di carbone dal treno; corre per sfuggire agli adulti che lo vogliono comprare, corre per abbracciare chi ha perso, per inseguire le sue radici. Una lunghissima panoramica sulla penisola indiana innesca la presa sul territorio sconosciuto a noi occidentali, inerpicato tra zolle disordinate, lungo pendii raggianti, frastornato da una vegetazione selvatica, in mezzo a rotaie solitarie che, loro malgrado, portano via sul treno in corsa il bambino che corre, addormentato nella notte, unico passeggero. E’ colpa della povertà se il fratello grande lo lascia di notte sul binario ad aspettare mentre lui va a raccogliere balle fieno, è colpa della povertà se il piccolo rimane solo e si addormenta distrutto dalla stanchezza, nel vagone di un treno che lo porta molto lontano, in un’altra regione dell’India dove nessuno parla la sua lingua, nessuno lo capisce. Disperato, ulula al vento il nome del fratello, Guddu, Guddu, che risuona con note tonde nei timpani, ma nessuno risponde. Neanche Ammi risponde, la madre non può sapere quanto lontano è andato a finire il figlio. Lo salverà un’adozione internazionale, in Australia. Qui cresce immerso in tutti quei diritti che nel suo villaggio neppure si sognava. E quando supera i vent’anni, ormai interamente allineato e scolpito nel marmo della cultura occidentale, un indizio, un piccolo dettaglio risveglia il suo senso di appartenenza. Alla ricerca dell’identità le domande lacerano il cervello dei giovane indiano/australiano: chi sono io? Dove sono le mie origini? La memoria della sua storia è stata saggiamente annegata, spinta sotto i fondali della ragione; ma poi sale a galla con tutta la sua conturbante forza. Il dramma viene messo in scena con primissimi piani di sguardi ardenti, sconcertati, in cerca del dimenticato e la colonna sonora restituisce con le note di pianoforte uno scintillio che fa vibrare lo stomaco di noi spettatrici e spettatori. Alla ricerca di Guddu, alla ricerca di Ammi, di parole gonfie di passato nascosto e riemerso. Un film che parla con le immagini del paesaggio direttamente al nostro immaginario che viene, involontariamente, spinto nella bruttura della povertà che ostacola, ferisce e ammazza la libertà. Ma c’è chi, come il bambino che corre, se la va a riprendere la libertà, forte come un leone, anche se lungo la corsa perde tanti pezzi di sé e di chi ama. La dura e sacra legge del coraggio in un immensità di ingiustizia va vista lasciandosi trasportare in questo spettacolo cinematografico che, malgrado alcune retoriche di sceneggiatura scioglilacrime, si merita proprio un bel voto!
Cristiana La Capria
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