Lontano dall’Islam

– da Marco Dallatomasina –

Care Docenti,

vorrei condividere con voi alcune riflessioni sui fatti recenti che hanno sconvolto la Francia. Tali fatti non possono non avere qualche riverbero sulla vostra professione, dal momento che la scuola è il luogo dove i nostri figli/e passano parte significativa del loro tempo ed è il crogiuolo in cui le diverse culture, anime e religioni sono fortunatamente obbligate ad incontrarsi e confrontarsi. Leggendo sui giornali e ascoltando alla radio e in TV le diverse opinioni, a volte rimango basito nel verificare quanto frequente sia il ripetersi del meccanismo della fiaba di Andersen che porta il giovane e ingenuo bambino a rivelare, tra lo stupore generale, ciò che è sotto gli occhi di tutti, ovvero che “Il re è nudo!”, mutatis mutandis che “i terroristi sono islamici”, ovvero, in sintesi estrema, che l’Islam come religione, ha qualcosa che è incompatibile con l’occidente.

Ci sono peculiarità teologiche dell’Islam che non possono essere taciute, ma che vanno affrontate, tematizzate, discusse. Nell’Islam manca il riconoscimento della uguale dignità di ogni persona umana: provate ad essere donna nella civiltà islamica! Provate ad essere di un’altra religione in uno stato islamico! Provate a dichiarare di essere gay in uno stato islamico! La Sharia (legge islamica) è fondata su una triplice disuguaglianza: tra chi è musulmano e chi no, tra chi è uomo e chi è donna, tra chi è libero e chi è schiavo. Il fondatore (Maometto) non è esente dall’uso della violenza, non l’ha rinnegata, anzi è stato protagonista di esecuzioni e omicidi. Inoltre, tutta la storia dell’Islam dimostra che la “vera” religione vada imposta anche con l’uso della violenza e che la tradizione della “guerra santa per Dio” è elemento connaturato alla teologia islamica. Questo aspetto non è marginale, è ingenuo ritenere che basterebbe qualche proclama di imam moderati a risolvere la questione. Maometto non ha rinnegato la violenza e il testo sacro dell’Islam non la condanna. Tale limite non è presente, invece, all’interno del Cristianesimo. Il suo fondatore, Gesù, non si è reso protagonista di episodi violenti e i suoi insegnamenti arrivano addirittura ad affermare che occorre amare il proprio nemico! Possiamo infatti sostenere che la figura di Gesù è l’elemento che consente di inchiodare la stessa chiesa cattolica alle proprie responsabilità storiche e culturali ogni qualvolta essa ha compiuto e insegnato cose esecrabili. Ciò non è possibile con Maometto, che ha personalmente condotto azioni militari e ordinato omicidi. Con quale autorità, allora, da dentro l’islam potranno levarsi voci autorevoli contro la guerra santa, le discriminazioni, la teocrazia?

Infine, all’Islam manca completamente la distinzione tra religione e politica, tra sacro e profano, fra comunità religiosa e comunità civile. Quindi manca il riconoscimento della democrazia e della libertà. Anche su questo punto possiamo misurare l’abisso che separa il fondatore del Cristianesimo da Maometto. La citazione è d’obbligo: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. Essa è il paradigma di riferimento che ha condotto la chiesa cattolica al riconoscimento della laicità dello Stato e delle libertà civili. È bene tenere presente che una delle conquiste più significative dell’occidente (lo Stato laico, la separazione tra Stato e religione), frutto di un processo storico lungo, duro e travagliato, non trova spazio dentro l’Islam.

Se fossi convinto che le nostre vicende fossero guidate da qualche dio o dalle congiunzioni astrali, sarei portato a credere che non è un caso che i recenti attentati siano avvenuti in Francia, ma che sia frutto di un disegno divino. Lì, poco più di due secoli fa, sono stati proclamati, anche in modo contraddittorio e intriso di sangue, quei valori che sintetizzano noi occidentali: libertà, uguaglianza e fraternità. Io leggo nei brutali attentati di questi giorni proprio l’avversione strutturale dell’Islam ai riferimenti che ci definiscono in quanto occidentali e che sono riferimenti a priori incompatibili con la teologia dell’Islam, che, non a caso, significa “sottomissione”, cioè proprio il contrario di ciò che evoca la parola “libertà”.

 

Ci tengo a sottolineare che tali considerazioni non hanno nulla a che fare con l’islamofobia. Sono ben consapevole che “non tutti gli islamici sono terroristi”, ma è altrettanto evidente che “tutti i terroristi, relativi ai fatti della storia recente, sono islamici”, che gli agghiaccianti avvenimenti che hanno come protagonista lo Stato Islamico o i Boko Haram (che non a caso significa: l’educazione occidentale è peccato!) derivano dalla religione islamica. Nascondere questo semplice fatto è miope e, se si hanno responsabilità politiche ed educativo-formative, colpevole.

Non basta condannare la violenza di questi giorni. Bisogna che lo sguardo sia acuto e l’intelletto sia capace di profondità di analisi. Lo so che dire alcune cose non è politicamente corretto, ma peggio è essere ingenui e superficiali. Purtroppo non vedo politici capaci e coraggiosi e, di conseguenza, prevedo che avranno spazio gli estremisti che sapranno sfruttare “la pancia” della gente comune, cavalcandone le legittime paure.

Però è possibile che ci siano insegnanti capaci e coraggiosi che conducano i loro allievi/e negli impervi, ma affascinanti, sentieri della ricerca intellettuale e del confronto produttivo.

Quale occasione per la scuola sarebbe l’affrontare questi temi che toccano gli aspetti che coinvolgono di più i giovani: libertà, amore, violenza! Quale occasione per intrecciare la cultura, di cui voi insegnanti siete le professioniste, con la carne della vita!

Marco Dallatomasina

 

Cristiana La Capria

Insegna appassionatamente lettere in una scuola secondaria di secondo grado. Si interessa di pedagogia delle differenze e studia il potenziale educativo di cinema e narrativa. Si occupa di formazione degli insegnanti. Scrive saggi e ultimamente testi di narrativa.

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Una risposta

  1. guido viola ha detto:

    ciao

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