NOMADLAND
di Chloé Zhao, Usa 2020, durata 107 minuti
– Lontano senza mappa –
A CHI? A chi ha scavato il proprio rifugio dentro le pareti domestiche e ha più di trent’anni.
PERCHÉ? Per viaggiare nel corpo di un furgone che fa toccare la terra e il sole, il vento, la sete, il freddo. Per imparare che, con il buono e il cattivo tempo, la vera casa è dentro di noi.
IL FILM: Onesto, nitido, rivelatore di una storia outsider, cucita con uno stile sobrio, asciutto. Si aprono le porte senza filtri al mondo di Fern, donna che si porta addosso sessant’anni di vita, forti dosi di malinconia e tracce di caparbietà che non la fanno smettere di spostarsi da uno Stato all’altro degli Stati Uniti, da sola. Senza un lavoro fisso, senza un posto fisso, senza un amore fisso, vive di ricordi. Si ferma, solo temporaneamente, nei parcheggi desolati e scomposti, dove fa tutto quello che è essenziale per vivere: si lava, mangia, beve. E cerca lavoro. Pulisce i gabinetti, raccoglie i rifiuti, incolla scatoloni, frigge patatine. E soprattutto incontra persone. La donna che, prima di lasciare le penne per un tumore galoppante, sta per andare con il suo furgone ai confini del mondo, il ragazzo che ha bisogno di una sigaretta, l’uomo che la corteggia. Ma gli affetti a lungo termine non hanno spazio nella capanna di Fern che sente e pensa in modo serio e silenzioso. Ci porta con sé nel suo piccolo grande mondo nomade, fatto di tutto quello che non siamo abituati a frequentare, stare nel puro flusso del presente, senza scappare dai fantasmi e senza rincorrere i sogni. Stare nel puro movimento di una vita acciaccata eppure pronta a reagire.
I TEMI: La storia della depressione economica nel 2008 urla il suo dolore in ogni fotogramma di questo film che denuncia la storia di Fern ma anche di tantissimi altri: senza lavoro, senza casa, senza speranze. Nuvole di piombo, aggregate in una cappa, coprono ogni prospettiva, i paesaggi non vantano grattacieli né coste verdeggianti, solo deserti, strade sterrate e rocce. Negli occhi di Fern tutti i paesaggi, però, si possono riconoscere e le sue rughe suggeriscono passaggi segreti verso un’anima che, senza mappe, va lontano.
DA VEDERE: per spostare un piccolo pezzo di sé e farlo viaggiare nelle terre di un tempo storico e di uno spirito migrante che ci lascia il segno, e ci avverte che la fissa e comoda dimora può essere una prigione. O lo è?
Cristiana La Capria