QUANDO A SCUOLA CI SARÀ IL GENERE X
Dal primo novembre è possibile registrare chi nasce non indicandone il sesso, ovvero barrando la casella X, zona indeterminata, non femmina e non maschio. Dove? La Germania è il primo paese in Europa a prevedere la possibilità di non specificare nel certificato di nascita il sesso. Questo è stato voluto specialmente per fare fronte alle difficoltà di tutti coloro che nascono con un apparato riproduttivo atipico o comunque con tratti anatomici indefiniti, i cosiddetti ermafroditi, adesso definiti “intersex”. Il punto è che l’ordinamento tedesco ha aperto un varco ad una lunga serie di accese discussioni a proposito delle implicazioni della possibilità di non specificare il sesso di appartenenza. Mi trovo in accordo con questa corrente di pensiero: se a segnare la casella ics sono solo coloro con ambiguità anatomiche o ormonali, allora quella ics sarebbe un segno di discriminazione; se, invece, fosse possibile che tutti e tutte possano avvalersi della libertà di non dichiarare il proprio genere, come accade per lo stato civile, allora saremmo avanti. Perché si andrebbe a far saltare quel solco di divisione binaria maschio/femmina che tanta rigidità mentale e culturale ha portato con sé da secoli. Se così fosse, come si pensa, allora già molti si interrogano su cosa potrebbe cambiare in caso di matrimonio: con chi si sposerebbe chi è del genere X? Evidentemente con chi vuole, risponderei io, perché a questo punto si sarebbero contaminati i confini ad un punto tale che tra la lettera M, la F e la X non esisterebbe alcuna discriminazione perché il genere non determina la scelta di amore di un soggetto che, allora, potrebbe finalmente scegliere di accoppiarsi ufficialmente con il genere che vuole: si mischiano le carte, si mischiano i generi, si moltiplicano le variabili, si respira aria nuova. Prima del matrimonio, però, vorrei provare a prospettare un panorama più vicino cronologicamente al soggetto nato in questi giorni in Germania, ovvero quello della scuola. Come lo chiameremmo un soggetto di genere X quando facciamo l’appello? Non andrebbe più bene usare nomi propri che terminano banalmente in o oppure in a, ci vorrebbe un nome che termini con altre vocali, oppure con delle consonanti che segnino sonorità miste in allusione appunto ad ibridità sessuali. Queste sonorità comincerebbero ad educare le orecchie dei giovani a nuove alterità. Nel caso in cui dal certificato di nascita si procedesse poi a segnalare il genere anche sul documento di identità o sul passaporto, come accade in Australia, anche l’iscrizione a scuola diverrebbe più interessante: ci si approccerebbe all’alunno/a sapendo, ad esempio, che ha dichiarato di essere di genere X anche se mostra tratti anatomici femminili. Questo solleverebbe dubbi tra i compagni e le compagne: il genere X che sta di fianco al loro banco ha i tratti di una femmina e però non si dichiara di genere femminile, come mai? Il dubbio, però, si scioglierebbe,col tempo, nelle acque dell’abitudine qualora divenisse un tratto comune a molti: ecco che allora si aprirebbe davvero la possibilità di rompere i pregiudizi e andare oltre il genere. Io, personalmente, segnerei la crocetta sul genere X non perché mi vergognerei di fare sapere che sono femmina, anzi, ma perché vorrei che il genere non sia un mucchio di prescrizioni che bloccano la mia identità sulla superficie delle apparenze: io sono sempre molto più e molto altro rispetto al genere che mi categorizza. Ma, care colleghe e colleghi insegnanti, la possibilità di un genere X nella scuola italiana è quasi inesistente. La Germania protestante ha uno sguardo trasversale sulle realtà sociali in divenire, l’Italia del cattolicesimo non tanto: già considera poco la femmina, chissà quanto poco considererebbe una X. Eppure, la tentazione di figurarmi una classe inter-genere resta molto ma molto forte!
Cristiana La Capria