Ieri è finito settembre, un mese lungo, antipatico: il mese del rientro, il mese che batte il ritmo di una serie di passaggi dal fuori al dentro. Vediamone qualcuno, anzi vediamone un paio.Ma prima, meglio se ci diciamo subito che la parola rientro non ha un suono accattivante, anzi, si pone come una parola che sta esattamente all’opposto della parola ritorno. Rientro e ritorno, la sentite la differenza? Il ritorno indica uno spostamento verso un luogo ospitale, familiare, caloroso, amato; il mio ritorno a casa, al legame con l’amica, alle lasagne della nonna, al posto a cui appartengo. Invece il rientro? Entrare di nuovo, ma dove? A me il significato di questa parola suona male: il rientro è associato a uno spostamento non voluto, ma obbligato, un transito dal bello al brutto, dal fuori arioso al dentro asfissiante. Due concetti chiave mi arrivano alla mente e sono il rientro in città dalle vacanze e poi, automaticamente, il rientro a scuola. Due passaggi graduali, eppure perentori; il primo allude allo spostarsi obbligato delle giovani generazioni da luoghi estivi immersi nella natura marina o montana o campestre in luoghi squadrati e urbanizzati; il secondo si riferisce a un vero trasloco verso spazi ancora più segmentati e ristretti, quelli delle aule scolastiche dove passare buona parte del tempo autunnale, invernale e primaverile. E’ come quando liberi il gatto in giardino e poi lo richiami in casa, lui rientra attirato dal profumo del pollo e, una volta che lui è arrivato in casa, lo metti nel trasportino per portarlo dal veterinario: dal giardino al trasportino, ecco la metafora usata da una mia alunna per descrivere le emozioni provate il giorno del rientro a scuola. Oltre all’immagine eloquente del gatto che, anche se domestico, rivendica sempre la libertà, quasi tutti gli alunni e le alunne riportano la stessa, identica emozione da rientro: l’ansia. Ma come, l’ansia? Perché provi un’emozione così faticosa? Non ti piace la scuola? Ma addirittura sei in ansia? Si tratta di un’emozione che chiama in causa un forte stato di tensione, di preoccupazione per dovere affrontare un pericolo o una situazione considerata dannosa. Quindi, deduciamo che il pericolo e il danno sono incarnati dalla scuola. Rientrare a scuola mette ansia. Perché? Dicono che le pareti degli edifici sono brutte, che gli arredi lo sono ancora di più, perché i docenti cominciano ad assegnare i compiti, perché mi devo svegliare presto, perché le verifiche non le sopporto, però, però devo dire che è bello rivedere gli amici e le amiche di scuola, chiacchierare, ridere, stare con loro. Meno male che ci sono le relazioni con i pari, allora. Perché il rientro scolastico è spiacevole, ansiogeno. Ma, allora, questa gioventù è proprio pigra, irresponsabile, immatura, in fuga dalle occasioni di imparare, di crescere! Giusto? No, non è giusto. Malgrado gli slanci educativi, la carica energica, la creatività e l’impegno di noi adulti, una grande parte di studentesca dice no, che non vuole rientrare. Perciò, noi che lavoriamo nella scuola, facciamoci due domande. E voi, professori e professoresse, specie voi delle medie e delle superiori, come avete vissuto questo settembre? Come un ritorno o un rientro? Dove siete? Io, per il momento, non mi trovo …
Cristiana La Capria