Racconti di Scuola

STUDIO SENZA CONDIZIONI

Da un saggio proposto in classe sull’acceso dibattito  ‘utilità/inutilità ‘ degli studi classici e sulla eventuale eliminazione della traduzione di latino e greco dalle prove di maturità.

Volete imparare a tradurre dal greco antico e dal latino?  Bene, potreste apprenderlo in pochi semplici passi: potreste scegliere al termine della scuola media uno sconosciuto  e bizzarro corso di studi chiamato “liceo classico”. Nessuno vi assicura che al termine  dei cinque anni previsti per essere iniziati al culto dell’antico, sarete veramente istruiti circa ogni minuzia della grammatica e letteratura,  ma comunque potete tentare. Non siete soli a interrogarvi,  recentemente si sono schierati i professori universitari di diversi atenei, chi in difesa, chi con posizioni più moderate, di fronte alla proposta, ormai sempre più concreta di eliminare definitivamente la traduzione di latino e greco dai piani didattici ministeriali ,seconda prova compresa. I dati statistici a riguardo non sono molto rassicuranti, ormai la gran parte degli studenti “classicisti” continua il suo percorso formativo intraprendendo differenti corsi di studio, sapendo poco o nulla delle tanto celebrate lingue “morte”. Purtroppo, o fortunatamente, la mia è esperienza diretta, sono infatti iscritta al liceo classico da ben cinque anni.

I/le giovani devono essere formati/e, preparati/e, istruiti/e e pronti/e ad essere indirizzati/e al mondo del lavoro, questo prevede “la buona scuola” , l’insidioso programma promosso dal premier Matteo Renzi  che auspica la rivalutazione  dell’impianto scolastico secondo dettami “moderni” quali l’applicazione pratica delle conoscenze.  Si sposta l’attenzione , adottando una visione decisamente utilitaristica, sulle nostre competenze, ovvero, per dirla in parole semplici, su come ci serviamo di ciò che sappiamo. Dare senso a ciò che si produce è certo insito nell’essere umano ma mi concederete forse che in questi termini la nostra sembrerebbe essere una cultura asservita al mondo del lavoro. Il liceo non potendo ottemperare alle esigenze di mercato risulta dunque decisamente svalutato.  La questione cosi semplificata rimane però incompleta, occorre infatti il tassello fondamentale per ricomporre il quadro d’insieme. Cosa precisamente ci rende competenti? La risposta non è certo facile, e qualora la definizione di competenza andasse a comprendere anche il disinteressato amore per il sapere, acquisirebbe un senso persino la mera contemplazione oltre all’esercizio logico/dialettico che il liceo ci offre. Sdoganate le prime reticenze di carattere generale dietro cui si trincerano i sostenitori del “saper fare”, cerchiamo di svincolare la conoscenza dal secondo giogo a cui è sottoposta. Per gran parte degli intellettuali italiani il latino e il greco sono garanzia di straordinaria abilità, e certo questo non si può negare, ma sembrerebbe esserci quel quid che le eleva ad un livello superiore. Ovviamente il preconcetto nascosto e non detto dietro l’intera questione consiste nel considerare lo studio importante mezzo di celebrazione “patriae nostrae”. Le lingue classiche che studiamo assumono valore in quanto nostre antenate, dimostrando che la retorica encomiastica, tanto di moda tra le fila dei “fascisti”, risulta ancora ben radicata nella mentalità comune. Le nostre parole ed opere sono schiave delle nostre radici. Non avrai mai, cara studentessa e caro studente, la possibilità di creare un tuo autonomo, seppur socialmente garantito, ordine di valori. La tua esistenza, la tua cultura e vocazione è proprietà della patria, in cui devi riconoscerti senza alcuna libertà decisionale.

Non è certo la provenienza dell’informazioni a cui indirizziamo le nostre conoscenze a definirne la qualità cosi come non ne innalza il livello l’ambito d’interesse. Non mancano esempi di come matematici e fisici siano stati dediti all’esplorazione intellettuale e abbiano ampliato gli orizzonti culturali del pensiero filosofico occidentale, per citare solo i più noti, Aristotele, R. Descartès, G. Galilei.  Scisso il sapere da ogni rivendicazione patriottica, la gerarchizzazione secondo l’assioma “versione di latino e greco = studio di serie A”  risulta essere totalmente priva di senso. E’ la capacità di studiare in senso assoluto la grande ricchezza. E’ questo a renderci davvero abili, non solo per i risultati ottenuti, ma anche e soprattutto per l’acquisizione di un’abitudine alquanto rara, la capacità di applicarsi in un processo formativo che richiede tempo, impegno notevole e che risulta  indispensabile al progresso evolutivo.

Diletta Pasqualini classe V E del Liceo Classico “Aristofane” di Roma

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