TERRAFERMA
di Emanuele Crialese, Italia 2011, durata 88 minuti, in DVD –
CATEGORIA società
A CHI? studenti e studentesse dai 14 anni in su e docenti
PERCHE’? Per prendere contatto con la tragica condizione degli immigrati che sbarcano in Sicilia in cerca di sopravvivenza e spesso trovano miseria e morte. Per imparare a guardare la realtà di chi ci è vicino, troppo vicino per essere ignorato.
IL FILM Affondo intenso nella gola del mare. Questa è la prima inquadratura del film che ci porta all’altro capo dell’Italia, in Sicilia. Dalle onde di quest’acqua spunta all’orizzonte un’ imbarcazione con a bordo dei clandestini, tanti, troppi per starci dentro. Come se gli immigrati spariti dalla faccia della regione veneta fossero riaffiorati dall’acqua siciliana. Spariti dalla pianura del nord compaiono in un’isola del sud. Sono clandestini e sono troppo pigiati l’uno sull’altro, alcuni lasciano la barca, si gettano in mare e nuotano verso un peschereccio. Dove sono due dei personaggi della storia: il nonno, una specie di Padron’Toni dei Malavoglia e suo nipote Filippo. Ci sono umani disperati in mare, che fare? Seguire la “legge del mare” (non si lascia mai in mezzo alle onde un essere umano) o la “legge dei clandestini” (non si presta aiuto ai naufraghi illegali)? I due pescatori seguono la legge del mare e per questo, per aver dato respiro ad alcuni disperati, saranno puniti, perché hanno infranto quell’altra legge che li accusa di delitto di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. E così il peschereccio è sequestrato. Ma c’è chi ha una prospettiva lungimirante là, sull’isola, sono coloro che guardano al futuro, non al passato, aderiscono alla logica dell’economia del turismo: per fare business non si salvano i clandestini, anzi si giura ai bagnanti che sull’isola non c’è l’ombra di un clandestino, come se stessimo parlando di pescecani o di meduse. Ma il rimosso torna, eccome. I clandestini arrivano dal mare, di notte, si aggrappano alla nostra barca, chiedono di essere visti, riconosciuti, salvati. Questo film va guardato. Le parole contano assai poco. Bisogna osservare letteralmente ogni tratto di terra e di vegetazione, di acqua e di pelle su cui sosta la macchina da presa. Bisogna rimanere dentro il fotogramma di un film che non vuole mantenere le distanze dal mondo presentato, ma impone la prossimità, anche troppa. Faticosa. Lo sguardo immerge ed emerge da superfici umane e marittime di forte complessità, di enorme dolore e strabiliante bellezza. Qui pare che la fine non sia definita. La decide chi guarda.
Da vedere per sentire gli immigrati più vicini dei nostri vicini.
*pubblicato in Pedagogika.it, anno XV, n. 4, pp. 113-114
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