Racconti di Scuola

ZERO IN COMPORTAMENTO

A settembre è arrivata una bella notizia per tutte le alunne e gli alunni delle elementari e delle medie: il voto sul comportamento non vale più. Tradotto: fate un po’ come vi pare, tanto a scuola, il peso che si dà al comportamento è così sottile, che non graverà più neppure sulla media dei voti disciplinari per l’ammissione all’anno successivo.  Che allegria, vero? Ormai, anche se deridi un compagno, scrivi sul banco, insulti la prof, alla fine del quadrimestre avrai, sì, un giudizio sul tuo comportamento, ma il suo valore ormai equivale a zero. Il decreto legislativo 62/2017, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera I) della Legge 107/2005 si esprime in merito alla valutazione e certificazione delle competenze del 1^ciclo ed esami di Stato e ha dichiarato nettamente: il voto in comportamento valuterà le competenze di cittadinanza, si esprimerà in un giudizio sintetico, non inciderà sull’ammissione alla classe successiva. Voi come interpretate queste modifiche? Quale è l’obiettivo educativo? Io non lo vedo. O meglio, mi figuro alunni che hanno 9 in matematica e 8 in italiano ma sufficiente in comportamento perché non aiutano il compagno, non portano quasi mai il materiale di studio, gettano le carte sul pavimento. Loro saranno promossi. Quale è il messaggio pedagogico? Secondo me è questo: a noi interessa che tu, cara alunna, conosca i numeri, sappia scrivere e parli l’inglese, perché la società vuole persone performanti, gente “che sta sul pezzo”, ma di quanto tu sia in grado di collaborare con la comunità, di rispettare persone e ambienti a noi adulti non importa più. E ce ne infischiamo al punto che riduciamo la valutazione a un generico giudizio sintetico, una definizione che ciascuna scuola declina un po’ con i termini e i descrittori che preferisce, alla ricerca di parole il cui significato, qualunque esso sia, non incide più sul calcolo dei voti, perché non è più un numero. Ma come? Dopo tutta la fatica, gli sforzi, le energie investite per insegnare, ogni santo giorno, ai miei alunni e alle mie alunne a riconoscersi come comunità, a rispettare i propri pari e gli adulti, a convivere con le differenze, a esprimere il proprio giudizio rispettando quello altrui, ad amare l’ambiente e gli animali, a interpretare attivamente i propri diritti e doveri, ad accettare l’errore, a collaborare con gli altri, cosa farò adesso? L’esercizio di questo lavoro non ha più un valore istituzionale riconosciuto. Il paradosso è che si azzera il potere della valutazione sul comportamento proprio nella scuola del primo ciclo, quella in cui vanno impostate le fondamenta del vivere civile, della comunicazione, della relazione. Un paradosso che, secondo me, è un’offesa per chi alle competenze di cittadinanza crede davvero, a chi dedica ore, energia, passione, sapere per formare alla regina delle competenze, quella che è trasversale a tutte le altre, quella che aiuta e insegna a stare al mondo. E, soprattutto, un’offesa agli studenti e studentesse che ne pagheranno le conseguenze in futuro. Tra poco scriveremo, sulle pagelle, le prime valutazioni sul comportamento delle nostre alunne e alunni. Scriveremo delle parole ma, secondo il Ministero, queste parole valgono così poco che sono state tutte ridotte a un significato vuoto. Comportamento uguale a zero. Assoluto.

Cristiana La Capria

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